Senza tecnologia e innovazione, non vi sarà industrializzazione, e senza industrializzazione non vi sarà sviluppo.
Un pacchetto di riforme importanti sono destinate a cambiare profondamente l’assetto del nostro Paese grazie al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza

Il nostro Paese, nella scia tracciata dall’Unione Europea, si appresta a dare vita ad un piano a dir poco rivoluzionario, sia per la portata degli investimenti previsti, che per le riforme da attuare.

Tra le principali missioni di questo piano spicca una voce importantissima, ovvero la digitalizzazione, quale sinonimo di innovazione e competitività capace di generare una vera innovazione per la crescita sostenibile del Paese.
Un segmento che sta interessando tutti i settori e le imprese di ogni dimensione, in risposta alla crisi provocata dall’emergenza sanitaria.

Se prima del COVID-19, molte imprese stavano già incrementando l’uso delle tecnologie nelle loro attività, adesso la pandemia ha imposto alle imprese una nuova rotta da seguire, che prevede una sostanziale ristrutturazione in chiave tecnologica del loro core business per soddisfare le nuove esigenze del mercato e non rischiarne l’estromissione dalla concorrenza.
In Italia il 26% delle organizzazioni ha iniziato a implementare l’intelligenza artificiale e l’apprendimento automatico dall’inizio della pandemia COVID-19, mentre i dati rappresentano un forte segnale di cambiamento globale nel modo di fare business e di competere sui mercati.

Ma non solo. Il paradigma nuovo è progresso tecnologico senza escludere le problematiche legate all’ambientein un’ottica di sostenibilità ambientale ed energetica, come specificato dall’ONU nell’Agenda 2030 che ingloba i 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile – Sustainable Development Goals, SDGs.

Ma come stanno andando le cose in Italia?

Anche nel Bel Paese si conferma l’aumento della propensione alla digitalizzazione delle imprese.Il Rapporto Istat pubblicato nell’aprile del 2021, riporta che il 55,7% delle imprese italiane ha svolto attività innovative nel triennio 2016-2018.Il 49,7% delle imprese ha introdotto con successo nel mercato un’innovazione di prodotto oppure un’innovazione di processo. Hanno investito in nuovi prodotti o processi il 76,3% delle grandi imprese, il 64,1% delle medie e il 47,3% delle piccole imprese. L’industria in senso stretto si conferma il settore leader dell’innovazione con il 58,7% di imprese innovatrici. Seguono i servizi con il 46% e il settore delle costruzioni con il 29,3%.

Un occhio alle PMI

Nonostante la propensione all’innovazione cresca all’aumentare della dimensione aziendale, rispetto al triennio precedente, è in forte aumento la propensione innovativa delle piccole e medie imprese. Ma non è abbastanza. Le statistiche sperimentali dell’Istat parlano chiaro:
nonostante molte imprese siano gestite con tecnologie digitali, spesso esse stesse non ne sfruttano pienamente il potenziale e, del resto, la velocità della trasformazione digitale varia in relazione ai Paesi, ai settori, le organizzazioni, i luoghi e le capacità manageriali.
Gli investimenti delle imprese in tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) che impattano sui processi di produzione, rappresentano un’importante leva per la crescita della produttività aziendale.