Server room in data center

L’era dei data center: le infrastrutture strategiche per l’economia dei dati

Anche nel nostro Paese, il mercato dei data center è entrato in una fase di crescita senza precedenti, complice, dobbiamo dirlo, il pesante ritardo accumulato negli anni.
Secondo la Ricerca 2025 sullo status dei Data Center in Italia condotta dall’Italian Data Center Association (IDA), il Paese ha chiuso il 2024 con una capacità complessiva di 287 Megawatt, in aumento del 6% rispetto all’anno precedente. Ma il dato più significativo riguarda il futuro: con i cantieri già avviati, si prevede di raggiungere 1 Gigawatt entro il 2028 e con un ulteriore raddoppio previsto entro il 2031.

Parliamo di un incremento del 600% in meno di dieci anni, che riflette la corsa globale alla costruzione di nuove infrastrutture digitali.
È uno scenario globale, nel quale l’Italia sta emergendo come hub strategico del Mediterraneo, grazie a una favorevole combinazione di investimenti pubblici, semplificazioni normative e nuovi collegamenti internazionali via cavo sottomarino. Genova, Palermo e Catania sono i nuovi snodi di un ecosistema interconnesso con l’Europa e il Medio Oriente, dove il traffico dati è destinato a moltiplicarsi per dieci nei prossimi cinque anni.

La spinta arriva anche dalle politiche industriali. Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha avviato una strategia nazionale per attrarre capitali e favorire l’installazione di data center di grandi dimensioni, prevedendo corsie autorizzative accelerate per i progetti sopra il miliardo di euro e la semplificazione delle procedure ambientali. È una visione che il ministro Adolfo Uroso ha più volte ricordato, sottolineando come una rete tecnologica solida e resiliente sia determinante per la competitività delle nostre imprese, e rimarcando un punto cruciale: la digitalizzazione non può in alcun modo prescindere da infrastrutture affidabili e localizzate sul territorio nazionale.

La dimensione economica di questo fenomeno in crescita è altrettanto rilevante. Sempre secondo IDA, la spesa complessiva per la costruzione e l’allestimento dei data center raggiungerà 21,8 miliardi di euro entro cinque anni, generando migliaia di nuovi posti di lavoro diretti e indiretti. Solo nell’area metropolitana di Milano – dove si concentra circa due terzi della potenza installata – la filiera dà occupazione a oltre 14.000 persone, impegnate in attività che spaziano dalla costruzione alla sicurezza, dall’energia ai servizi digitali.

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Anatomia di un data center: architettura, funzioni e tipologie

Cerchiamo allora di capire di cosa stiamo effettivamente parlano.
Un data center è un’infrastruttura fisica che ospita server, sistemi di archiviazione e apparati di rete destinati all’elaborazione, alla gestione e alla conservazione dei dati. Rappresenta un punto nevralgico della catena del valore digitale: qui risiedono le applicazioni cloud, i database aziendali, le piattaforme di AI generativa e i sistemi critici di enti pubblici e privati.

Si distinguono tre grandi tipologie di strutture. Gli Edge Data Center, di dimensioni ridotte e distribuite sul territorio, servono a ridurre la latenza e a supportare applicazioni in tempo reale, come il 5G o l’Internet of Things. I Data Center medi forniscono servizi a imprese e amministrazioni su scala regionale o nazionale. Gli Hyperscale, infine, sono quelli che familiarmente definiamo i “giganti del cloud”: infrastrutture con capacità di elaborazione nell’ordine delle centinaia di megawatt, cuore pulsante delle grandi piattaforme digitali globali.
La classificazione di un data center si basa su standard internazionali che definiscono il livello di resilienza e disponibilità del servizio. Il più noto è il sistema dei Tier elaborato dall’Uptime Institute:

  • il Tier I rappresenta l’infrastruttura base, priva di ridondanza;
  • il Tier II introduce componenti duplicati, ma non completamente autonomi;
  • il Tier III garantisce manutenzione senza interruzioni e disponibilità annua del 99,982%;
  • il Tier IV assicura tolleranza a guasti multipli e disponibilità del 99,995%, indispensabile per i servizi mission-critical.

A questi livelli di classificazione si affiancano lo standard ANSI/TIA-942, che definisce i requisiti minimi per infrastrutture di telecomunicazioni e sicurezza fisica, e la norma EN 50600, oggi evoluta nel quadro internazionale ISO/IEC TS 22237, che introduce criteri modulari di valutazione per costruzione, energia, ventilazione, cablaggio e gestione operativa.

Come si costruisce un data center

La costruzione di un data center è un processo complesso che richiede competenze ingegneristiche avanzate, pianificazione accurata e rispetto di standard rigorosi. Tutto parte dalla scelta del sito, che deve soddisfare criteri di sicurezza geologica, disponibilità energetica e prossimità alle dorsali in fibra ottica. Le aree soggette a inondazioni o sismi vengono escluse, mentre cresce l’interesse per aree industriali dismesse, riconvertite in poli digitali.

L’infrastruttura elettrica costituisce la spina dorsale del sistema. Ogni data center è alimentato da linee di rete ad alta tensione con doppi percorsi indipendenti, integrate da gruppi di continuità (UPS) e generatori di emergenza che garantiscono operatività anche in caso di blackout. I sistemi più avanzati adottano architetture “2N” o “N+1”, dove ogni componente critico è duplicato per garantire la tolleranza ai guasti.

L’infrastruttura meccanica riguarda il raffreddamento, elemento determinante per la continuità del servizio. I server generano enormi quantità di calore che devono essere dissipate tramite sistemi ad aria o liquido. Le soluzioni più moderne combinano free cooling, che utilizza l’aria esterna quando le condizioni climatiche lo consentono, e liquid cooling, che sfrutta fluidi refrigeranti a bassa temperatura. Sensori IoT e algoritmi predittivi gestiscono automaticamente i flussi termici, ottimizzando i consumi.

L’infrastruttura IT comprende invece server, apparati di rete e sistemi di archiviazione, disposti in rack ordinati secondo la logica dei corridoi caldo-freddo (“hot aisle/cold aisle”), che separa i flussi d’aria calda e fredda per migliorare l’efficienza energetica. Tutto è controllato da piattaforme di Data Center Infrastructure Management (DCIM), software che monitorano in tempo reale parametri come temperatura, umidità, consumo energetico e stato dei circuiti elettrici, segnalando anomalie o prevedendo guasti grazie a funzioni di intelligenza artificiale.

Gli standard ISO/IEC TS 22237 e DIN EN 50600 stabiliscono i requisiti per la progettazione e la gestione delle infrastrutture, garantendo sicurezza, efficienza e continuità operativa. Prima della messa in funzione, ogni data center deve superare test di carico e simulazioni di emergenza per validare la conformità e la capacità di resistere a eventi critici.

Sicurezza e resilienza: la priorità assoluta

La sicurezza nei data center si articola su più livelli, secondo un approccio a difesa in profondità che combina protezione fisica, cybersicurezza e resilienza operativa.

La sicurezza fisica inizia dal perimetro: sistemi di sorveglianza, recinzioni intelligenti, sensori di movimento e controlli biometrici regolano l’accesso alle diverse aree. Ogni ingresso è tracciato, ogni operazione registrata. Nelle sale dati, l’accesso è consentito solo a personale autorizzato e monitorato da sistemi di logging automatico.

La sicurezza logica riguarda la protezione delle reti e dei dati. I data center adottano architetture segmentate con VLAN e firewall di nuova generazione, sistemi di intrusion detection e prevention (IDS/IPS) e soluzioni di Zero Trust Security, che verificano in modo continuo l’identità e il contesto di ogni accesso. I dati vengono cifrati sia a riposo che in transito, utilizzando chiavi gestite in ambienti sicuri (HSM – Hardware Security Module).

La resilienza operativa è garantita da sistemi ridondanti e da strategie di disaster recovery, con repliche sincrone e asincrone dei dati su siti geograficamente distinti. Le procedure di failover vengono testate periodicamente per assicurare tempi di inattività inferiori a cinque ore annue nei data center Tier IV.

La normativa europea spinge verso standard sempre più stringenti. La direttiva NIS2 obbliga i gestori di infrastrutture critiche ad adottare misure di sicurezza avanzate e a segnalare tempestivamente eventuali incidenti. La direttiva CER (Critical Entities Resilience) estende il concetto di protezione anche alla continuità fisica delle infrastrutture, mentre l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale coordina le attività di vigilanza e supporta la diffusione di modelli di sicurezza uniformi.

La combinazione di ridondanza, protezione multilivello e conformità normativa fa del data center moderno un ecosistema complesso e resiliente, progettato per garantire la disponibilità dei servizi 24 ore su 24, 365 giorni l’anno.

Efficienza e sostenibilità: la sfida del futuro

L’aumento dei carichi di lavoro digitali, in particolare per l’AI generativa, impone ai data center una sfida senza precedenti: garantire potenza di calcolo e ridurre al tempo stesso il consumo energetico. Le direttive europee hanno introdotto obblighi specifici di monitoraggio e rendicontazione per tutti i data center con potenza superiore a 500 kW, che devono comunicare annualmente dati su consumi, efficienza, riuso del calore e utilizzo di fonti rinnovabili.

L’indicatore più diffuso per misurare l’efficienza è il Power Usage Effectiveness (PUE), rapporto tra energia totale assorbita e quella effettivamente utilizzata per le apparecchiature IT. Un PUE prossimo a 1 indica un’elevata efficienza; la media europea è intorno a 1,4. A questo si aggiunge il Water Usage Effectiveness (WUE), che valuta l’impatto idrico delle attività di raffreddamento.

L’innovazione tecnologica consente oggi di adottare sistemi di raffreddamento ad aria o a liquido di nuova generazione, alimentati da fonti rinnovabili e integrati con soluzioni di recupero termico per riscaldare edifici vicini o reti di teleriscaldamento. L’obiettivo è arrivare a una vera neutralità climatica dei data center, in linea con il Green Deal europeo e con le politiche di decarbonizzazione dell’industria digitale.

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Governance, competenze e prospettive del settore

Ma tecnica e tecnologia da sole non bastano.
Oltre la tecnologia, ci sono infatti le persone. Il settore dei data center soffre oggi di una carenza cronica di competenze specialistiche. Servono ingegneri, tecnici di rete, energy manager, esperti di sicurezza informatica e di compliance, figure capaci di gestire sistemi complessi e infrastrutture distribuite.

Per colmare questo gap, il governo e le università hanno avviato programmi di formazione e master dedicati alla progettazione e gestione delle infrastrutture digitali. L’obiettivo è creare una nuova generazione di professionisti in grado di garantire continuità, sicurezza e sostenibilità.

Sul piano regolatorio, l’Italia si è allineata ai principali standard internazionali, dal GDPR al Data Act, passando per le direttive sull’efficienza energetica e la resilienza delle entità critiche. La creazione del Sistema Informativo Nazionale Federato delle Infrastrutture (SINFI), gestito da Infratel, rappresenta un passo importante: una mappa unica di reti TLC, energia, cavi sottomarini e aree industriali che aiuterà a individuare le zone più idonee per ospitare nuovi poli digitali.

Verso una nuova geografia digitale

Il data center è la base invisibile su cui poggia la vita digitale quotidiana: dai servizi cloud alla sanità connessa, dall’e-commerce alle piattaforme di intelligenza artificiale. L’Italia, grazie alla sua posizione geografica e a un piano di sviluppo infrastrutturale ambizioso, può diventare il crocevia del traffico dati tra Europa, Africa e Medio Oriente.
La sfida non riguarda solo la costruzione di nuovi impianti, ma la capacità di gestirli in modo sicuro, sostenibile e conforme alle normative europee. In un contesto dove la sovranità digitale è sinonimo di autonomia economica e politica, i data center rappresentano la nuova frontiera della sicurezza nazionale.

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